Il panico è femmina (Clicca per leggere)


Tra il 2 e il 4% della popolazione adulta in Italia soffre di attacchi di panico, e per il 70% le vittime sono donne. Perché sono più vulnerabili allo stress e sentono il peso della responsabilità di essere una buona madre, una buona moglie, una buona professionista, un sostegno per la famiglia. Ne parliamo con gli esperti per capire come uscirne di Sara Ficocelli
 
ll disturbo da attacco di panico (DPA) colpisce tra il 2 e il 4% della popolazione adulta in Italia, e per il 70% le vittime sono donne. Secondo i dati dell'Associazione Europea Disturbi di Attacchi di Panico (Eurodap), si tratta dunque di un problema quasi tutto femminile, e questo perché sono le donne le più vulnerabili allo stress. Il 39,4% di quelle adulte soffre o ha sofferto di sindrome ansioso-depressiva, ansia generalizzata, disturbi depressivi e sindromi da disadattamento. 


La prima causa scatenante, infatti, è l'ansia. Chi soffre di attacchi di panico non riesce a gestire razionalmente questa sensazione che, se accumulata in quantità eccessive, diventa ingovernabile. Chi ad esempio si è occupato per mesi di un malato, cercando a lungo di soffocare l'ansia e il disagio, può ritrovarsi improvvisamente a "sfogare" il malessere con attacchi che lo costringeranno a fermarsi e a prendersi cura di sé. Il DPA è insomma un sintomo di disagio forte, il cui punto di partenza va cercato e compreso, di solito attraverso una psicoterapia.

"I dati epidemiologici più recenti“ spiega lo psichiatra Giorgio Maria Bressa, docente di Psicobiologia del Comportamento presso l'Università Pontificio Ateneo Salesiano di Viterbo e autore di "Mi sentivo svenire - Conoscere e affrontare l'ansia" (Ed. IPOC - Italian Path of Culture), confermano che almeno il 15% della popolazione mondiale ha sperimentato, più o meno direttamente, un episodio di DAP, e la maggior parte dei casi si registrano nei centri popolati, nei Paesi occidentali e in quelli economicamente più evoluti".

Le aree metropolitane, dove il caos e le occasioni di stress non mancano mai, sono dunque quelle più a rischio. Secondo uno studio dell'Istituto di Neuroscienze Globale (Isneg) in collaborazione con l'Istituto di sondaggi Swg, a Roma una persona su 4 soffre di questo problema, e ad essere più colpite sono le donne laureate di età compresa fra i 25 a i 54 anni.

"La prevalenza femminile" continua Bressa, "è di 2-3 donne ogni uomo, un dato che sembra legato a elementi biologici, ambientali e psicologici: contribuiscono infatti sia l'influenza ormonale che un diverso assetto del sistema della serotonina centrale nella donna, che potrebbe portare a una maggiore "sensibilità". La componente ereditaria è sicuramente presente quanto ad elementi predisponenti, favorenti, ma non in senso di rapporto causale necessario. Va aggiunto che lo sviluppo del cervello prosegue fino alla tarda adolescenza e che gli eventi della vita possono trasformare elementi predisponenti (ambiente ansiogeno, ansia da separazione, tendenza al controllo) in altrettanti precipitanti. Quel che è certo è che la presenza di una minaccia di perdita (lutto, lavoro, affetti, traslochi) è quasi sempre alla base del primo episodio di panico". 

Sudorazione, tachicardia e senso di soffocamento sono tra i primi sintomi, spesso male interpretati in primis dagli specialisti, e le terapie più efficaci sono la psicanalisi, la psicologia comportamentale, l'approccio farmacologico e l'agopuntura associata all'omeopatia. Nessuna terapia da sola, però, è in grado di migliorare la malattia, ragione per cui spesso gli esperti consigliano l'associazione tra farmaci antidepressivi (di prima e seconda generazione) e psicoterapia, specie cognitiva.  "Di certo si tratta di un problema curabile, soprattutto adesso che, grazie anche a una maggior attenzione da parte dei medici di base, sta cominciando ad uscire dal sommerso" assicura Osvaldo Sponzilli, medico chirurgo che da 25 anni utilizza agopuntura e prodotti omeopatici per aiutare i malati di panico.

Il primo a immortalare un attacco di panico con la risonanza magnetica su un paziente durante una crisi è stato il neurologo Rosario Sorrentino, fondatore dell'Ircap, l'Istituto per la ricerca e cura degli attacchi di panico, presso la Clinica Pio XI di Roma, e autore di "Panico, una bugia del cervello può rovinarci la vita" (Mondadori), redatto a quattro mani con la scrittrice Cinzia Tani. "Mentre la paura è un'emozione che nasce da un pericolo reale" spiega, "l'attacco di panico è originato da un rischio inesistente, un tranello virtuale che però accende il sistema d'allarme del cervello e provoca conseguenti reazioni fisiche, come battito accelerato, fame d'aria ed esasperata interpretazione dei sintomi". 

Da Federica Pellegrini, medaglia d'oro olimpica, che nel 2009 salì sul blocco di partenza dei 400 si paralizzò, a Martina Stella, che nel 2006 andò in tilt a bordo di un treno, fino a Violante Placido, che nel 2004, in un albergo, sentì di colpo accelerare il battito cardiaco, sono tante le storie di donne vittime del "demone" che strozza il fiato. "Questo perché hanno in genere una sensibilità più sviluppata degli uomini" spiega la psicologa Lucia Portella, specializzata in psicoterapia famigliare sistemica "e, nel rispondere alle richieste che il mondo esterno pone alle persone, sentono con più intensità il peso della responsabilità: di essere una buona madre, una buona moglie, una buona professionista, di essere in grado di occuparsi di chi ha bisogno del loro aiuto (i genitori anziani, le amiche in crisi, i figli con le loro esigenze...). Talvolta tutto ciò accresce un'ansia che diventa incontrollabile. L'attacco di panico segnala che non ce la si fa, che ci si deve fermare a causa di una forza maggiore che ti costringe a interrompere un andamento di vita non sostenibile". 

Quando una donna viene colta per la prima volta da un attacco di panico ne resta comprensibilmente spaventata ed è anche per questo che, in seguito, rimane in lei una forte paura che la vita cambi: "La paura dell'attacco di panico" continua Portella, "modifica le abitudini fino ad annullare, nei casi più estremi, l'autonomia della persona che, per fare qualsiasi cosa (andare al supermercato, guidare, andare in un centro commerciale) ha bisogno di essere accompagnata. È un disturbo che si ripercuote pesantemente sullo stile di vita e sul sistema relazionale della persona che ne soffre".

"Lo sviluppo dell’ansia anticipatoria" aggiunge il dottor Bressa, "vale a dire la "necessità" di prevedere in anticipo i possibili, ipotetici effetti di ogni elemento della vita che possa fare scattare l'episodio acuto (cibo, luoghi aperti o chiusi, attese, preoccupazioni), rende perennemente ansiosi. Inoltre, le manovre di "evitamento", come il rinunciare apertamente a qualsiasi cosa che possa costituire una minaccia all'integrità (viaggio, treno, aereo, cinema, ristorante, vacanza, luogo affollato) rendono più povera la vita, fino ad arrivare ai cosiddetti "arresti domiciliari autoimposti". L'incertezza della diagnosi, la preoccupazione elevatissima per tutto e di tutto e l'ansia costante, favoriscono lo sviluppo dell'ipocondria e quindi la ricerca spasmodica di medici che smentiscano diagnosi possibili, relative a qualsiasi patologia". 

Le persone che soffrono di questo disturbo improvvisamente non riescono più ad andare in auto, e soprattutto  in autostrada, a girare per strade o ampie piazze, a muoversi con disinvoltura sui mezzi di trasporto (la metropolitana, in particolare), e nei centri commerciali. Ma anche gli ambienti piccoli possono scatenare attacchi di panico: locali affollati o che danno l'impressione di non avere abbastanza luce e aria, ascensori o cabine di vario tipo (funivie, ovovie...). L'attacco di panico segnala un malessere della persona in relazione allo spazio vitale che la circonda, troppo piccolo o troppo grande, come se il posizionamento nel "giusto" spazio diventi molto difficile da raggiungere. 

La buona notizia è che l'eros, in linea di massima, non ne risente, sebbene il costante livello di ansia renda meno rilassato il corpo e quindi meno gratificante la vita sessuale. "È però da considerare che una donna che soffre di attacchi di panico, anche a seconda dell'intensità e della frequenza, si trova in una fase critica della propria vita, una fase in cui ha perso l'equilibrio che permette di guardare serenamente a tutte le attività, anche a quelle potenzialmente più piacevoli" conclude Portella. "Una donna che soffre di attacchi di panico non gestisce l'ansia in modo adattivo e ciò le rimanda un'immagine di sé di inadeguatezza che si riverbera in tutto ciò che fa. In questo senso, anche l'attività sessuale può risultare coinvolta". 



Fonte:Ilmessaggero

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