Ed è questo il nodo della questione: bastano 13 anni ad un ragazzino per essere abbastanza maturo da poter gestire in autonomia la sua pagina virtuale? Abbiamo parlato di "Infanzia e Social Network" con lo psicologo Maurizio Brasini, uno degli esperti di D.it che risponde alle domande dei nostri lettori (clicca qui per contattarlo).
Partiamo con un problema frequente: cosa si deve rispondere al bambino che accusa il genitore di avere un profilo, ma di non permettere a lui di fare altrettanto?
L'autorità del genitore non deve mai essere messa in discussione, il figlio deve sapere che le decisioni degli adulti in merito alla sua educazione sono inappellabili e non c'è spazio per trattative. Se l'utilizzo del Social Network è regolato da un'età minima è una ragione sufficiente per impedirne l'accesso ai minori.
Quali sono i pericoli a cui è esposto un ragazzino?
Oltre a quelli evidenti di essere contattato da malintenzionati, c'è anche il rischio che si isoli davanti al computer e che tenda a sviluppare la sua intera esistenza attraverso la rete. Il problema è reale perché le ultime ricerche hanno evidenziato che Facebook ha un'azione gratificante sulla psiche umana: attivando il circuito della ricompensa (insieme di imput cerebrali che si accendono in coincidenza con sensazioni di piacere) assimila l'amicizia virtuale a quella in carne e ossa. Tradotto: un "like" lasciato sotto ad una foto o ad uno status è gradito come -e forse più- un apprezzamento a voce e una chat a suon di emoticons e slang internettiano vale quanto una confidenza tra amici.
Come insegnare a distinguere la vita virtuale da quella reale?
Le amicizie su Facebook sono più facili e immediate: condividere solo quello che sappiamo incontrerà l'approvazione della nostra audience, è una scorciatoia per mettersi in mostra e avere l'attenzione degli amici. Nella vita quotidiana il coinvolgimento si conquista con esperienze comuni e la complicità è un traguardo che si raggiunge in anni di intesa fidata. L'unico strumento che i genitori hanno per trasmettere la vera anima dell'amicizia è proporre modelli di amicizia reali: dal punto di vista pedagogico un esempio positivo è la lezione più costruttiva.
Diventare "amici" è un buon escamotage per controllare il proprio figlio?
Assolutamente no, la supervisione deve essere esplicita per essere educativa. Monitorare le sue mosse in rete sarebbe come spiare nel suo diario segreto: un'azione invadente e irrispettosa. Provare invece a regolare modi e tempi di utilizzo accordandoli con i propri, in modo da non lasciare mai il ragazzino davanti al computer da solo è una buona tecnica per farlo sentire parzialmente libero ma comunque sotto la supervisione del genitore.
Fonte:Ilmessaggero
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